Le parole che raccontano il mondo non sono quasi mai neutre e descrittive, ma servono a costruirlo, a colorarlo di emozioni e riempirlo di giudizi e di pregiudizi.
Termini come extracomunitario, immigrato, clandestino e perfino straniero, all’apparenza privi di connotazioni negative, si sono caricati strada facendo di sentimenti legati alla paura, alla diffidenza, al sospetto e all’esclusione.
All’interno di uno spazio intimo, simile alle camere oscure dei fotografi ambulanti, uno spettatore alla volta potrà sbirciare dentro la scatola-teatro e scoprire un mondo diverso, dove le parole assumono significati positivi e anche le esperienze più difficili, come il migrare, diventano momenti di speranza e fiducia nel futuro.
I protagonisti di questo viaggio sono due piccole marionette, uno zio e un nipote, con le sembianze metà umane e metà da topo, riflesso di quell’ambivalenza e spersonalizzazione con cui guardiamo coloro che vengono da lontano.
Durata: 4 minuti a replica
Tecnica: marionette a filo e scenografie a manovella
Testo : ispirato al racconto di Alessandro Ghebreigziabiher “il futuro dei miei”
Voce narrante: Elena Vanni
Manipolazione, ideazione : Valentina Paolini
Costruzione scenografie e teatrino: Valentina Paolini e Giovanni Dispenza